L’Europa libera gli Eltif, i fondi chiusi a lungo termine introdotti dall’Ue nel 2015 per permettere ai risparmiatori retail, accanto agli istituzionali, di investire in asset non quotati come infrastrutture, immobili e piccole e medie imprese. Nonostante questa missione di ponte tra i capitali privati e l’economia reale, aprendo la possibilità anche agli investitori meno facoltosi di investire in veicoli azionari di private equity o in comparti obbligazionari di private debt, i European Long-Term Investment Fund non sono mai decollati davvero in questi primi anni. «Quando sono stati introdotti per la prima volta nel 2015, c'era molto entusiasmo per gli Eltif», ricorda Stuart Corrigall, presidente del Fund Regulation Standing Committee di Efama (l’associazione europea delle società di asset management). «Salutati come una parte fondamentale del piano di investimenti della Commissione europea e la successiva Unione dei mercati dei capitali, gli Eltif avrebbero dovuto aiutare a ricostruire l'Europa e incanalare miliardi nell'economia reale europea. La speranza», prosegue Corrigall, «era che diventassero il veicolo preferito per strategie alternative non speculative, accanto al marchio di successo degli Ucits», ovvero i fondi comuni e le sicav.
In realtà vari aspetti legati all'applicazione pratica della normativa hanno, secondo gli operatori, pesato su questi fondi nonostante la loro soglia minima di accesso fosse di soli 10 mila euro a differenza dei classici fondi chiusi di private equity o private debt dove il ticket di ingresso è spesso anche superiore ai 500 mila euro.
«Le attività idonee e le restrizioni agli investimenti sono state percepite come inutilmente limitanti, il che a sua volta ha ridotto la capacità dei gestori di progettare prodotti Eltif che fornissero i rendimenti che gli investitori si aspettano. Gestori e distributori hanno dovuto fare i conti con numerosi obblighi a livello di singolo Paese nei confronti degli investitori retail. D'altra parte gli istituzionali non capivano il motivo per cui avrebbero dovuto utilizzare gli Eltif quando avevano già familiarità con le altre tipologie di investimenti alternativi esistenti. Sebbene i gestori fossero pronti a offrire Eltif, queste sfide li hanno spinti a chiedere una riforma», osserva Corrigall. Revisione che è arrivata e che sta portando un gran fermento nel settore.
Il 15 febbraio scorso il Parlamento europeo ha votato a favore della modifica del regolamento sugli Eltif, a seguito della proposta della Commissione europea del novembre 2021, che lancia di fatto la nuova versione di questi fondi, subito ribattezzati Eltif 2.0. «Insieme al Parlamento europeo abbiamo deciso di rendere gli Eltif più interessanti e rendere più facile investire in essi», ha dichiarato Zbynek Stanjura, ministro delle Finanze della Repubblica Ceca che fino a fine dicembre 2022 ha avuto la presidenza di turno del Consiglio dell’Ue.
Le modifiche includono: la semplificazione della distribuzione allineando il test di idoneità Eltif ai requisiti Mifid II per la vendita di prodotti complessi, l’allentamento dei vincoli delle attività idonee, ad esempio con la possibilità di investire in green bond, azioni fintech e altri tipi di attività reali, l’aumento della flessibilità per consentire agli Eltif di effettuare allocazioni in altri fondi. E’ anche permessa una più ampia disponibilità di liquidità, nonché l'utilizzo di una maggiore leva. In precedenza, inoltre gli investitori retail con un patrimonio finanziario inferiore a 500 mila euro non potevano investire più del 10% del loro portafoglio in Eltif e avevano una soglia minima di ingresso di 10 mila euro. E questi limiti sono stati rimossi.
Gli Eltif esistenti continueranno a essere considerati conformi per cinque anni dopo l'entrata in applicazione dell'Eltif 2.0. Tutti i fondi autorizzati che vogliono avvalersi del nuovo regime, possono farlo a condizione che ne informino l'autorità nazionale competente. Le nuove regole dovrebbero essere pubblicate sulla Gazzetta ufficiale dell'Ue in questo mese di marzo ed entrare in vigore nel primo trimestre del 2024.
Leggi l'articolo integrale, a cura di Paola Valentini, su MilanoFinanza in edicola da sabato 11 marzo.